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Volevo costruire una Star

di Gianruben Romani, Maestro d’ascia

Star di Gianruben Romani

Quando andare in barca a vela era tutta una scoperta

Il Cantiere Feltrinelli aveva ricevuto una commessa importante da Schio: costruire dei piccoli motoscafi. Per costruire tutti quegli scafi si erano comprati dei macchinari che io manutenevo in cambio di una barca per veleggiare la domenica. Era il 1952 e avevo quattordici anni.

Allora scuole di vela non ce n’erano ed era tutta una scoperta.

Ricordo quella volta quando da solo sono voluto andare “alla montagna di là”. Non avevo mai attraversato il lago, ma mi ero intestardito e ci ho voluto provare. Era un pomeriggio di fine settembre, forse ottobre, e c’era una bella Óra tesa. Ad andare contro vento alla montagna di là è stato abbastanza facile, ma al ritorno è arrivata una raffica di vento che mi ha quasi fatto scuffiare e con difficoltà sono tornato di qua con la vela lascata.

Io andavo in barca per divertimento, solo la domenica e ogni tanto durante la pausa pranzo. Durante la settimana bisognava lavorare: passavo le giornate in falegnameria con mio papà a costruire porte, finestre e tapparelle. Mio papà non vedeva di buon occhio tutti i velisti che mi portavano gli alberi e gli scafi da sistemare.

Eravamo tutti autodidatti e si imparava guardando.
Nel 1964 ho iniziato ad andare con Ghiringa, una vecchia Star del dottor Tregnaghi. Quando uscivo da solo con la Star c’era sempre qualcuno in Fraglia che faceva “Stella-stop”: offrire un aiuto per poter uscire, un’ottima scusa per fare un giro in barca.

Le barche che usavamo erano tutte vecchie e abbiamo sistemato gli alberi e le coperte, che erano troppo pesanti, per provare a farle andare più veloci. Con le barche sistemate io, Flavio Scala e Loris Modena abbiamo iniziato a fare le prime regate. Qualche anno dopo è arrivato Mauro Testa: aveva dodici anni quando gli ho insegnato ad andare in Star ed è diventato il mio prodiere. Dopo cinque anni abbiamo vinto la nostra prima regata valida per il Campionato del Garda.

Per me andare in barca era solo un divertimento così Mauro ha iniziato a fare coppia fissa con Flavio che aveva una nuova Star ed è iniziata la loro carriera.

Foto Archivio Franco Toninelli

Oppure si imparava sbagliando. O meglio, provando. Ho partecipato alla Centomiglia del Garda del 1964 su Ghiringa, con Benigno Longatti (detto Nino Bigetti) e Gianni Testa, che aveva diciotto anni. La partenza era a mezzanotte ed era illuminata con i fari dell’aviazione: era bella da vedere. Il percorso allora era al contrario: si andava prima verso sud e si arrivava a Gargnano, per salire l’alto lago che ormai era giorno.

Io non avevo esperienza e mi sono affidato a Longatti che era uno pratico, conosceva i venti del lago e infatti eravamo fra i primi durante la notte. La mattina c’era nebbia sull’alto lago e, arrivati a Cassone, non si vedeva più niente. Longatti insisteva che non era normale avere quel vento da nord con la nebbia e, infatti, in men che non si dica, ci è arrivata addosso una tempesta. Bisognava ammainare la randa, in fretta, ma la vela era finita in acqua e si era bloccata la drizza. Sono dovuto andare sulla prua della Star per sganciare le palline in punta all’albero che sorreggevano la randa.

“La prua di una Star è molto stretta ed era troppo pericoloso andarci nel mezzo della tempesta, senza salvagente. Gli ho urlato di non farlo ma Gianruben è un testone e ci è andato lo stesso. Grazie a lui ci siamo salvati e con la vela ammainata siamo rientrati al porto di Castelletto.”

Gianni Testa

In seguito abbiamo modificato il gancio della drizza per evitare che si bloccasse di nuovo.
Una volta si faceva così, adesso si sganciano agilmente stando in barca.

Le Star americane e quella di Flavio

Le prime Star, quelle del 1911 venivano fatte a mano e la stazza era definita da una quarantina di misure diverse con dei margini di tolleranza. Proprio queste piccole diversità hanno portato al perfezionamento dello scafo: più largo davanti per spaccare l’acqua e più stretto a poppa per aumentare la velocità propulsiva.

I costruttori migliori erano gli americani, noi italiani ci accodavamo.
Nel 1965 Flavio si è preso una Star, Liz, di quelle nuove. L’americana, la migliore del mondo. Era costata un’esagerazione e noi non ce la saremmo mai potuta permettere. Le Star vecchie, quelle che abbiamo usato per iniziare, costavano 5-600.000 lire. Quella americana costava 4.000.000. Per capire quanto varrebbe adesso bisognerebbe moltiplicare per 30.

Liz è arrivata a Genova e sono andato a prenderla con lui. Che meraviglia vederla arrivare direttamente dall’America. Appena giunta a Malcesine l’abbiamo rinforzata un pochino. Ogni tanto si rompeva l’albero e io glielo aggiustavo. Il boma era piccolo e si incurvava, poi abbiamo capito che la vela rende meglio se il boma rimane dritto e ne abbiamo fatti di nuovi.

Flavio e Mauro si stavano preparando per l’Olimpiade di Kiel del 1972, sono stati i primi di Malcesine a parteciparvi. Avevano ricevuto Mirage dalla Federazione: una Star svedese che era stata utilizzata da un equipaggio napoletano per le Olimpiadi del 1968. Quando la barca è arrivata a Malcesine l’hanno portata in Fraglia per metterla subito in acqua, ma l’allora Presidente Mario Bertuzzi (Morino) ha smorzato l’entusiasmo dei due perché la barca andava prima sistemata. Io l’ho rinforzata e loro l’hanno usata per un paio di anni prima di andare alle Olimpiadi. Facevo spesso qualche modifica sulle loro barche, anche su quella americana che hanno usato per le Olimpiadi di Kiel.

Un bel giorno la Federazione non ha voluto che Flavio e Mauro usassero i miei alberi. Ci sono rimasto male. Così ne hanno comprato uno in legno che veniva dalla Svezia, era costato 400.000 lire. Mauro è andato a prenderlo a Genova e appena arrivato a Malcesine ha sbattuto contro il palo della luce sulla curva a gomito che porta alla mia falegnameria e lo ha spaccato in due. Mauro si era talmente avvilito che all’inizio non trovava neanche il coraggio di dirlo a Flavio. Abbiamo fatto di tutto per rincuorarlo: lo avremmo aggiustato, senza dirlo alla Federazione e nessuno si sarebbe accorto di nulla. E così è stato.

Avevo in mente di costruire una Star

Ho preso tutte le misure possibili della nuova Star americana di Flavio, che era più veloce, per costruire Sospir: la mia prima Star.

L’ho realizzata con Italo Roncagalli che faceva il falegname da noi e con Sandro Lombardi.
A dirla tutta io volevo chiamarla Romania, ma Sandro l’ha chiamata Sospir, più che altro perché a lavori ultimati il nome sulla barca lo ha scritto lui.

Ci abbiamo messo parecchio a costruirla perché era la prima; abbiamo dovuto fare le sagome e potevo lavorarci solo nel tempo libero. Prima si impara, studiando bene il modello, poi si aggiunge sempre qualcosa.

Abbiamo fatto la sagoma con dei lamellari che rendevano lo scafo più rigido e forte. Ero già abituato a usare questo sistema lamellare che usavo per costruire gli sci. Era il 1967. Abbiamo iniziato a febbraio e a luglio è arrivato il giorno del varo. C’erano tutti quel giorno, ci hanno fatto le foto e il video con la pellicola che allora durava solo 5 minuti. Abbiamo issato l’albero e appena varata la barca siamo andati a fare un giro ma c’era poco vento e siamo tornati subito.

Nessuno si aspettava che galleggiasse, invece era pure lucida e bella.
Era Sospir, numero velico 5227.

In tutto ne ho fatte quattro: Sospir, Nicoletta e Sbrisi sono rimaste sul Lago di Garda mentre Nini se n’è andata sul Lago di Como.

Star di Gianruben Romani

In Italia non erano mai riusciti a fare barche competitive come quelle che venivano dall’estero. Nessuno avrebbe mai pensato che le mie Star lo sarebbero state. Senza falsa modestia invece lo erano, eccome se lo erano.